giovedì 7 luglio 2016

80 perle di saggezza dei vichinghi.


L'Hàvamàl ("La canzone di Harr, l'Eccelso", in norreno), scritto più di 1000 anni fa, è una serie di poemi norreni dell'epoca dei vichinghi. Le strofe 1-80 includono una raccolta di proverbi e regole di saggezza che sono attribuiti al dio Odino. Le massime riguardano le regole di comportamento dell'ospite e dell'ospitalità, quelle dei rapporti tra uomo e donna, e altro ancora. Non sono solo norme di buona educazione ma per i vichinghi erano il fondamento dell'onore. 


Da questo punto di vista il poema risulta interessante come documento psicologico del mondo rurale della scandinavia  medievale, fatto di un'esistenza semplice e rude, venata di un rudimentale eroismo.Ne riceviamo il ritratto di un popolo piccolo ma vigoroso, tenace e fiero, avvezzo alla lotta contro una natura ostile e alla sopravvivenza in tempi di violenza e di sopraffazione.La parte più strettamente sapienziale comprende invece alcuni preziosi passaggi sulle rune e sui canti magici. Vi sono poi rapide esposizioni di tre importanti miti riguardanti Odino: la mancata seduzione della figlia di Billingr, il furto dell'idromele  della poesia, l'acquisizione delle rune da parte di Odino. Una squarcio su ciò che erano ritenute le caratteristiche del galantuomo nei primi anni del X secolo.

Per chi si volesse cimentare nella lettura originale, ecco qualche consiglio sulla pronuncia di alcuni caratteri norreni:


- ð — Fricativa interdentale sonora [ð] (inglese that).
- þ — Fricativa interdentale sorda [θ] (inglese thing).  
- y — Vocale posteriore chiusa distesa breve [y] (tedesco über).
- v — Approssimante velare sonora [w] (italiano uovo).


Inoltre le vocali con l'accento acuto vanno pronunciate leggermente allungate.
Quelle con un puntino sopra invece sono nasali. 



HÁVAMÁL

IL DISCORSO DI HÁR

1.
Gáttir allir
áðr gangi fram
um skoðaz skyli
um skygnaz skyli;
Þvi at óvist er at vita
hvar ovinir
sitja á fleti fyrir.


Tutte le porte
prima di varcarle
devono esser spiate,
devono esser scrutate,
che dubbio è ogni volta
dove i nemici
siedano nella sala [che ti sta] davanti.


2.
Gefendr heilir!
Gestr er inn kominn!
hvar skal sitja sjá?
mjǫk er bráðr
sá er á brǫndom skal
síns um freista frama.


Ai generosi, salute!
L’ospite venga dentro!
Dove dovrà sedere?
Va assai velocemente
accanto al focolare
chi esibisce le sue doti.


3.
Eldz er þǫrf
þeims inn er kominn
ok á kné kalinn;
matar ok váða
er manne þǫrf,
þeim er hefir um fjall farit.


Di fuoco c’è bisogno
per chi è venuto dentro
ed ha le ginocchia gelate.
Di cibo e vestiti
necessita l’uomo
che ha percorso la montagna.


4.
Vatz er þorf
þeim er til verðar kømr,
þerro ok þjóðlaðar,
góðs um ǿðis,
ef sér geta mætti,
orðz ok endrþǫgo.


Di acqua c’è bisogno
per chi al banchetto viene,
di tovaglioli e di cortesi inviti,
di animo ben disposto,
se riesca a ottenerlo,
di conversazione e di silenzio.


5.
Vitz er þǫrf
þeim er víða ratar;
dælt er heima hvat;
at augabragði verðr
sá er ekki kann
ok með snotrom sitr.


Di intelligenza c’è bisogno
per chi viaggia per lungo;
ogni cosa è facile a casa.
Si ammicca [prendendosi gioco]
di chi nulla sa
e siede tra i sapienti.


6.
At hyggjandi sinni
skylit maðr hrǿsinn vera,
heldr gætinn at geði;
þá er horskr ok þǫgull
kømr heimisgarða til,
sjaldan verðr víti vǫrom,
þvíat óbrigðra vin
fær maðr aldregi
en manvit mikit.


Del proprio intelletto
non dovrebbe l’uomo vantarsi,
al contrario, sia misurato nell’animo.
Sia attento e silenzioso
quando giunge a un cortile:
di rado il prudente ha danno;
perché un amico più fidato
l’uomo non ha mai trovato
di un gran buon senso.


7.
Enn vari gestr
er til verðar kømr,
þunno hljóði þegir,
eyrom hlýðir,
en augom skoðar;
svá nýsiz fróðra hverr fyrir.


L’ospite prudente
che viene al banchetto,
tace aguzzando l’udito,
con le orecchie ascolta
e con gli occhi osserva;
così ogni uomo prudente scruta intorno.


8.
Hinn er sæll
er sér um getr
lof ok líknstafi;
ódælla er við þat
er maðr eiga skal
annars brjóstum í.


È lieto colui
che per sé ottiene
lodi e favori.
Ardua è la cosa
che l’uomo deve ottenere
nel petto di un altro.


9.
Sá er sæll
er sjálfr um á
lof ok vit meðan lifir;
þvíat ill ráð
hefir maðr opt þegit
annars brjóstom ór.


È lieto colui
che in sé possiede
lodi e saggezza.
Perché cattivi consigli
l’uomo ha spesso ricevuto
dal petto di un altro.


10.
Byrði betri
berrat maðr brauto at
en sé manvit mikit;
auði betra
þikkir þat í ókunnom stað,
slíkt er válaðs vera.


Bagaglio migliore
non si porta l’uomo in viaggio
di un gran buon senso.
Della ricchezza, migliore
ti si rivela in un paese sconosciuto:
tale è la salvezza del disperato.


11.
Byrði betri
berrat maðr brauto at
en sé manvit mikit;
vegnest verra
vegra hann velli at
en sé ofdrykkja ǫls.


Bagaglio migliore
non si porta l’uomo in viaggio
di un gran buon senso.
Provvista peggiore
non ci si porta per campi
del bere smodato di birra.


12.
Era svá gott,
sem gott kveða
ǫl alda sonom;
þvíat færa veit
er fleira drekkr,
síns til geðs gumi.


Non è così buona
come buona dicono
la birra per i figli degli uomini.
Poiché poco controllo ha
l’uomo che troppo beve
del suo intelletto.


13.
Óminnis hegri heitir
sá er yfir ǫlðrom þrumir,
hann stelr geði guma;
þess fugls fjǫðrom
ek fjǫtraðr vark
í garði Gunnlaðar.


«Airone dell’oblio» è chiamato
chi indugia in birreria;
rapisce la ragione all’uomo.
Dalle penne di quell’uccello
io stesso venni incatenato
nella fortezza di Gunnlað.


14.
Ǫlr ek varð,
varð ofrǫlvi,
at ins fróða Fjalars;
því er ǫlðr bazt,
at aptr uf heimtir
hverr sit geð gumi.


Ebbro io divenni
ebbro senza misura,
accanto al saggio Fjalarr.
Ché la birra è ottima,
a patto che mantenga
il suo intelletto, l’uomo.


15.
Þagalt ok hugalt
skyli þjóðans barn
ok vígdjarft vera;
glaðr ok reifr
skylii gumna hverr
unz sinn bíðr bana.


Silenziosa e accorta
sia di un capo la schiatta
e audace in battaglia.
Lieto e sorridente
sia ciascun uomo
finché non sia ucciso.


16.
Ósnjallr maðr
hyggz muno ey lifa,
ef hann við víg varaz;
en elli gefr
hánom engi frið,
þótt hánom geirar gefi.


L’uomo vile
crede vivrà per sempre
se evita le battaglie.
Ma la vecchiaia non porta
a lui nessuna pace,
anche se gliela portano le armi.


17.
Kópir afglapir
er til kynnis kømr,
þylsk hann um eða þrumir;
alt er senn,
ef hann sylg um getr,
uppi er þá geð guma


Sta immobile lo stolto
che dai conoscenti è andato;
farfuglia tra sé e indugia.
Ma poi gli passa
se ottiene da bere:
ecco che si rivela il carattere.


18.
Sá einn veit
er víða ratar
ok hefir fjǫlð um farit,
hverjo geði
stýrir gumna hverr,
sá er vitandi er vits.


Solo uno conosce,
chi molto ha vagato
e molto ha viaggiato,
che carattere
possegga ciascun uomo:
lui possiede la saggezza.


19.
Haldit maðr á keri,
drekki þó at hófi mjǫð,
mæli þarft eða þegi;
ókynnis þess
vár þik engi maðr,
at þú gangir snemma at sofa.


Non trattenga [a sé] l’uomo il bicchiere,
e beva con misura l’idromele,
parli sensatamente o taccia.
Di cattive maniere
nessun uomo ti farà colpa
se tu vai presto a dormire.


20.
Gráðugr halr,
nema geðs viti,
etr sér aldrtrega;
opt fær hlǿgis,
er með horskom kømr,
manni heimskom magi.


L’ingordo
che non conosce misura
mangia e si ammala.
Spesso l’accolgono le risa,
quando tra gente accorta arriva
la pancia di un uomo sciocco.


21.
Hjarðir þat vito
nær þær heim skolo
ok ganga þá af grasi;
en ósviðr maðr
kann ævagi
síns um mál maga.


Le greggi ben sanno
quando devono tornare a casa
e andarsene dai pascoli.
Ma l’uomo insavio
non conosce mai
la misura della sua pancia.


22.
Vesall maðr
ok illa skapi
hlær at hvívetna;
hitki hann veit
er hann vita þyrpti,
at hann era vamma vanr.


L’uomo incapace
e di cattivo gusto
ride per ogni cosa.
Quello che lui non sa
e che dovrebbe sapere:
che non è privo di difetti.


23.
Ósviðr maðr
vakir um allar nætr
ok hyggr at hvívetna;
þá er móðr
er at morni kømr;
alt er víl, sem var.


L’uomo insavio
sta sveglio tutte le notti
e si preoccupa di tutto.
Così è sfinito
quando viene il mattino;
tutte le sue miserie son [rimaste] qual erano.


24
Ósnotr maðr
hyggr sér alla vera
viðhiæjendr vini;
hitki hann fiðr,
þótt þeir um hann fár lesi,
ef hann með snotrom sitr.


L’uomo insavio
crede gli siano tutti
quelli che gli sorridono, amici.
Non si accorge affatto
se gli tendano tranelli,
quando tra i saggi siede.


25.
Ósnotr maðr
hyggr sér alla vera
viðhlæjendr vini;
þá þat finnr
er at þingi kømr,
at hann á formælendr fá.


L’uomo insavio
crede gli siano tutti
quelli che gli sorridono, amici.
Ed ecco si accorge,
quando arriva all’assemblea,
che ha pochi sostenitori.


26.
Ósnotr maðr
þikkiz alt vita,
ef hann á ser i vá vero;
hitki hann veit,
hvat hann skal við kveða,
ef hans freista firar.


L’uomo insavio
pensa di saper tutto
se sta da solo in un canto.
Ma nulla sa
quando deve parlare in risposta,
se qualcuno lo mette alla prova.


27.
Ósnotr maðr
er með aldir kømr,
þat er bazt at hann þegi;
engi þat veit
at hann ekki kann,
nema hann mæli til mart,
veita maðr,
hinn er vætki veit,
þótt hann mæli til mart.


L’uomo insavio
quando si trovi con gli uomini
questo è meglio, che taccia.
Nessuno però sa
che lui non sa nulla,
purché non parli troppo.
Ma l’uomo che non sa,
questo neppure sa:
che a volte parla troppo.


28.
Fróðr sá þykkiz
er fregna kann
ok segja it sama;
eyvito leyna
mego ýta sønir,
því er gengr um guma.


Saggio lo stimano
chi sa fare domande
e parlare a tono.
Nulla celare
possono i figli dell’uomo
di quello che capita ai mortali.


29.
Ǿrna mælir
sá er æva þegir
staðlauso stafi;
hraðmælt tunga
nema haldendr eigi,
opt sér ógott um gelr.


In abbondanza dice,
chi mai tace,
ciance insensate.
La lingua chiacchierona
se non è trattenuta
spesso suona contro sé stessa.


30.
At augabragði
skala maðr annan hafa,
þótt til kynnis komi;
margr þá froð þikkiz,
ef hann freginn erat
ok nái hann þurrfjallr þruma.


Non ammiccherà [prendendosi gioco]
nessun uomo di un altro
quando viene tra congiunti.
Accorto in molti lo stimano
se non gli fanno domande,
e un posto ottiene indisturbato.


31.
Fróðr þikkiz
sá er flótta tekr
gestr at gest hæðinn;
veita gǫrla
sá er um verði glissir,
þótt hann með grǫmom glami.


Accorto si ritiene
chi sa sfuggire,
ospite, agli scherni degli ospiti.
Non sa con certezza
chi al banchetto lo schernisca
se chiacchiera con malintenzionati.


32.
Gumnar margir
erosk gagnhollir,
en at virði vrekaz;
aldar róg
þat mun æ vera
órir gestr við gest.


Molti uomini
son tra loro amichevoli
ma a banchetto si accapigliano.
Rissa tra gli uomini
sempre vi sarà;
s’azzuffa l’ospite con l’ospite.


33.
Árliga verðar
skyli maðr opt fá,
nema til kynnis komi;
sitr ok snópir,
lætr sem sólginn sé,
ok kann fregna at fá.


Al mattino di buon’ora
deve l’uomo spesso mangiare,
quando va a trovare congiunti.
[Altrimenti] si siede e scruta avido,
si comporta da affamato
e partecipa poco al discorso.


34.
Afhvarf mikit
er til illz vinar,
þótt á brauto búi;
en til góðs vinar
liggja gagnvegir,
þótt hann sé firr farinn.


Una strada assai tortuosa
porta a un cattivo amico
anche se abita lungo la via.
Ma a un buon amico
conducono strade diritte
anche se si è stabilito più lontano.


35.
Ganga skal,
skala gestr vera
ey i einom stað;
ljúfr verðr leiðr,
ef lengi sitr
annars fletjon á.


Bisogna andarsene:
non deve l’ospite stare
sempre in un posto.
Chi è caro diviene malvisto
se a lungo risiede
nella sala di un altro.


36.
Bú er betra,
þótt lítit sé,
halr er heima hverr;
þótt tvær geitr eigi
ok taugreptan sal,
þat er þó betra en bǿn.


Una propria dimora è meglio
anche se è piccola:
ognuno è libero a casa sua.
Anche se possiede due capre
e una sala dal tetto sconnesso,
è meglio che chiedere la carità.


37.
Bú er betra,
þótt lítit sé,
halr er heima hverr;
blóðugt er hjarta
þeim er biðja skal
sér í mál hvert matar.


Una propria dimora è meglio
anche se è piccola:
ognuno è libero a casa sua.
Sanguina il cuore
di chi è costretto a chiedere
cibo per sé a ogni passo.


38.
Vápnom sínom
skala maðr velli á
feti ganga framarr;
þvíat óvíst er at vita
nær verðr á vegom úti
geirs um þǫrf guma.


Dalle proprie armi
non deve l’uomo in campo aperto
allontanarsi di un passo.
Perché non si può sapere
quando fuori sulle strade
potrà servire la lancia.


39.
Fanka ek mildan mann
eða svá matar góðan,
at ei væri þiggja þegit,
eða síns fjár
svági [gjǫflan],
at leið sé laun, ef þegi.


Non ho trovato un uomo così munifico
o così generoso di cibo
che non accettasse un dono;
o delle sue ricchezze
così elargitore,
da sprezzare una ricompensa, a riceverla.


40.
Fjár síns,
er fengit hefr,
skylit maðr þǫrf þola;
opt sparir leiðom
þats hefir ljúfom hugat;
mart gengir verr en varir.


Alle proprie ricchezze
che si siano accumulate
non deve l’uomo attaccarsi.
Spesso si risparmia per il male
quel che era disposto per il bene:
molte cose van peggio di come si crede.


41.
Vápnom ok váðom
skolo vinir gleðjaz,
þat er á sjálfum sýnst;
viðrgefendr ok endrgefendr
erosk lengst vinir,
ef þat bíðr at verða vel.


Con armi e vestiti
saranno gli amici lieti,
ciò è già evidente su sé stessi.
Chi dona e chi ricambia doni
son fra sé gli amici più intimi,
se le cose procedono bene.


42.
Vin sínom
skal maðr vinr vera
ok gjalda gjǫf við gjǫf;
hlátr við hlátri
skyli hǫlðar taka,
en lausung við lygi.


Al proprio amico
deve l’uomo essere amico
e ricambiare dono con dono.
Le risa con le risa
ripagheranno gli uomini,
ma l’ipocrisia con la menzogna.


43.
Vin sínom
skal maðr vinr vera,
þeim ok þess vin;
en óvinar síns
skyli engi maðr
vinar vinr vera.


Al proprio amico
deve l’uomo essere amico
a lui e al suo amico.
Ma all’amico del proprio nemico
non deve nessun uomo
essere amico.


44.
Veitztu, ef þú vin átt,
þann er þú vel trúir,
ok vill þú af hánom gott geta,
geði skaltu við þann blanda
ok gjǫfom skipta,
fara at finna opt.


Sappi: se hai un amico
in cui riponi buona fiducia
e vuoi da lui qualcosa di buono,
devi accordare il tuo animo col suo
e doni scambiare:
va’ a trovarlo spesso.


45.
Ef þú átt annan,
þannz þú illa trúir,
vildu af hánom þó gott geta,
fagrt skaltu við þann mæla,
en flátt hyggja
ok gjalda lausung við lygi.


Se un altro ne hai
in cui riponi cattiva fiducia
e vuoi da lui qualcosa di buono,
gentilmente gli devi parlare
ma riflettere con astuzia
e ricambiare l’ipocrisia con la menzogna.


46.
þat er enn of þann
er þú illa truir
ok þér er grunr at hans geði,
hlæja skaltu við þeim
ok um hug mæla;
glíok skolo gjǫld gjǫfom.


E questo ancora riguardo a colui
in cui riponi cattiva fiducia
e sospetti dei suoi sentimenti:
ridere devi con lui
e parlare a dispetto del tuo cuore:
dovrai ricambiare i doni ricevuti.


47.
Ungr var ek forðom,
fór ek einn saman;
þá varð ek villr vega;
auðigr þóttumz
er ek annan fann;
maðr er mannz gaman.


Giovane fui un tempo,
viaggiai del tutto solo,
allora mi smarrii per le strade.
Ricco mi parve d’essere
quando trovai un altro:
l’uomo è gioia per l’uomo.


48.
Mildir, frǿknir
menn bazt lifa,
sjaldan sút ala;
en ósnjallr maðr
uggir hotvetna,
sýtir æ gløggr við gjǫfom.


Gli uomini generosi e prodi
vivono nel modo migliore,
di rado fomentano il dolore.
Ma l’uomo codardo
ha paura di tutto:
al tirchio dà fastidio fare doni.


49.
Váðir mínar
gaf ek velli at
tveim trémǫnnum;
rekkar þat þóttuz
er þeir rift hǫfðu:
neis er nǫkkvinn halur.


Le mie vesti
diedi nei campi
a due uomini di legno.
Grand’uomini si credettero
come ebbero gli abiti:
nudo, chiunque è affranto.


50.
Hrørnar þǫll,
sú er stendr þorpi á,
hlýrat henne bǫrk né barr;
svá er maðr,
sá er manngi ann;
hvat skal hann lengi lifa?


Si dissecca l’albero
che si erge su un dirupo,
non lo protegge corteccia né foglia.
Così è l’uomo
che da nessuno è amato:
perché dovrebbe vivere a lungo?


51.
Eldi heitari
brennr med illom vinom
friðr fimm daga;
en þá sloknar
er inn sétti kømr,
ok versnar allr vinskapr.


Più ardente del fuoco
divampa tra cattivi amici
l’amicizia per cinque giorni.
Ma poi si spegne
quando il sesto viene
e si rovina tutta l’amicizia.


52.
Mikit eitt
skala manne gefa;
opt kaupir sér í litlu lof;
með hálfom hleif
ok með hǫllo keri
fekk ek mér félaga.


Non grandi cose
deve l’uomo donare,
spesso con poco si ottiene una piccola lode.
Con mezzo pane
e con una coppa inclinata
mi son trovato un compagno.


53.
Lítilla sanda,
lítilla sæva,
lítil ero geð guma;
þvíat allir menn
urðot jafnspakir,
hálf er ǫld hvar.


Piccole sabbie,
piccoli mari,
piccole sono le menti degli uomini.
Ché tutti gli uomini
non sono ugualmente saggi,
a mezzo l’umanità dovunque [è divisa].


54.
Meðalsnotr
skyli manna hverr,
æva til snotr sé;
þeim er fyrða
fegrst at lifa,
er vel mart vito.


Moderatamente saggio
dovrebbe essere ogni uomo:
mai troppo sapiente.
Sono tra gli uomini
a vivere meglio
coloro che [non] molto sanno.


55.
Meðalsnotr
skyli manna hverr,
æva til snotr sé;
þvíat snotrs mannz hjarta
verðr sjaldan glatt,
ef sá er alsnotr er á.


Moderatamente saggio
dovrebbe essere ogni uomo:
mai troppo sapiente.
Ché il cuore dell’uomo saggio
di rado è felice
se chi lo possiede ha molta sapienza.


56.
Meðalsnotr
skyli manna hverr,
æva til snotr sé;
ørlǫg sín
viti engi fyrir;
þeim er sorgalausastr sefi.


Moderatamente saggio
dovrebbe essere ogni uomo:
mai troppo sapiente.
Il proprio destino
nessuno conosca in anticipo,
ché la mente non abbia ad angosciarsi.


57.
Brandr af brandi
brinn unz brunninn er
funi kveykisk af funa
maðr af manni
verðr at máli kuðr
en til dǿlskr af dul.


Torcia da torcia
divampa finché si consuma;
fiamma s’accende da fiamma.
Dall’uomo l’uomo
apprende il sagace parlare,
ma stolto se [rimane] in silenzio.


58.
Ár skal rísa
sá er annars vill
fé eða fjǫr hafa;
sjaldan liggjandi úlfr
lær um getr,
né sofandi maðr sigr.


Si leverà di buon’ora
chi di un altro vuole
le ricchezze o la vita.
Difficilmente il lupo accovacciato
si procura un coscio,
né l’uomo che dorme la vittoria.


59.
Ár skal rísa
sá er á yrkendr fá,
ok ganga síns verka á vit;
mart um dvelr
þann er um morgin sefr,
hálfr er auðr und hvǫtom.


Si leverà di buon’ora
chi dispone di pochi braccianti
e va lui stesso a sorvegliare i lavori.
Molto spreca
colui che dorme al mattino:
metà ricchezza è in mano al solerte.


60.
Þurra skiða
ok þakinna næfra,
þess kann maðr mjǫt,
ok þess viðar
er vinnaz megi
mál ok missere.


Di legna secca
e di corteccia di betulla per tetti
di questo l’uomo sappia la misura;
e [anche] di questo, la legna,
quanta ne basti
per l’una e l’altra stagione.


61.
Þveginn ok mettr
ríði maðr þingi at,
þótt hann sét væddr til vel;
skúa ok bróka
skammiz engi maðr,
né hests in heldr
þótt han hafit góðan.


Lavato e sazio
cavalchi l’uomo all’assemblea,
anche se non è ben vestito.
Di calzari e brache
nessun uomo deve vergognarsi
e nemmeno del cavallo
anche se non ne ha uno buono.


62.
Snapir ok gnapir
er til sævar kømr
ǫrn á aldinn mar;
svá er maðr
er með mǫrgom kømr
ok á formælendr fá.


Ghermisce e si protende
quando viene al mare
l’aquila, all’antico mare.
Così è l’uomo
che nella folla avanza
e pochi lo sostengono.


63.
Fregna og segja
skal fróðra hverr,
sá er vill heitinn horskr;
einn vita,
ne annar skal,
þjoð veit ef þríro.


Domandare e parlare
deve l’uomo accorto
se vuole essere chiamato saggio.
Uno [soltanto] deve sapere,
non un altro deve,
tutti sanno se tre [sanno].


64.
Ríki sitt
skyli ráðsnotra hverr
í hófi hafa;
þá hann þat finnr
er með frǿknom kømr,
at engi er einna hvatastr.


Il suo potere
deve l’uomo prudente
con accortezza esercitare.
E questo scopre
chi viene tra valorosi:
che nessuno è di tutti il più accorto.


65.
Orða þeira
er maðr ǫðrom segir,
opt hann gjǫld um getr.


Di quelle parole
che un uomo all’altro dice,
spesso bisogna dare riparazione.


66.
Mikilsti snemma
kom ek í arga staði,
en til síð ísuma;
ǫl var drukkit,
sumt var ólagat,
sjaldan hittir leiðr í lid.


Troppo presto
sono venuto in molti luoghi
e troppo tardi in altri.
La birra era stata bevuta,
A volte non ancora fermentata:
chi è sgradito ha raramente fortuna.


67.
Hér ok hvar
myndi mér heim uf boðit,
ef þyrptak at málungi mat,
eða tvau lær hengi
at ins tryggva vinar,
þars ek havða eitt etit.


Qua e là
sarei stato invitato nelle case
se di cibo non avessi avuto bisogno ai pasti
o se due prosciutti fossero rimasti appesi
presso l’amico leale
dopo che ne avessi mangiato uno.


68.
Eldr er beztr
með ýta sonom
ok sólar sýn,
heilyndi sitt
ef maðr hafa náir,
án við lǫst at lifa.


Il fuoco è ottimo
presso i figli degli uomini
e la vista del sole;
la propria salute
se si può averla,
e una vita senza vergogna.


69.
Erat maðr allz vesall,
þótt hann sé illa heill;
sumr er af sonom sæll,
sumr af frændom,
sumr af fé ǿrno,
sumr af verkom vel.


Nessun uomo è del tutto infelice
anche se ha cattiva salute;
alcuni traggono dai figli gioia,
alcuni dai congiunti,
alcuni dalle ricchezze,
alcuni dalle buone azioni.


70.
Betra er lifðom
ok sæl lifðom [en sé ólifðum];
ey getr kvikr kú;
eld sá ek upp brenna
auðgom manni fyrir,
en úti var dauðr fyr durom.


È meglio per il vivo
che per il morto:
chi vive ha sempre una vacca.
Il fuoco ho visto ardere
dapprima per l’uomo ricco;
ma morto giaceva fuori la porta.


71.
Haltr ríðr hrossi,
hjǫrð rekr handarvanr,
daufr vegr ok dugir;
blindr er betri
en brendr sé;
nýtr mangi nás.


Lo zoppo va a cavallo,
guida il gregge il monco,
il sordo combatte ed è utile.
Essere cieco è meglio
che essere cremato:
non serve a niente un cadavere.


72.
Sonr er betri,
þótt sé síð of alinn
eftir genginn guma;
sjaldan bautarsteinar
standa brautu nær,
nema reisi niðr at nið.


Un figlio è meglio
anche se nato postumo,
dopo che il padre è andato.
Raramente le lapidi
si ergono lungo la strada
se non le innalza il congiunto al congiunto.


73.
Tveir ro eins herjar,
tunga er hǫfuðs bani;
er mér í heðin hvern
handar væni.


Due sono più terribili di uno,
la lingua è l’assassina della testa.
Io sotto ogni mantello
mi aspetto le mani.


74.
Nótt verðr feginn
sá er nesti trúir,
skammar ro skips ráar;
hverf er haustgríma;
fjǫlð of viðrir
á fimm dǫgum
en meira á mánuði.


È lieto la notte
chi confida nelle provviste.
Corti sono i pennoni delle navi;
instabili sono le notti autunnali;
il tempo cambia
in cinque giorni
e ancor più in un mese.


75.
Veita hinn
er vettki veit,
margr verðr af aurum api;
maður er auðigr,
annar óauðigr,
skylit þann vítka váar.


Non sa
chi nulla sa,
molti impazziscono per l’oro.
Un uomo è ricco,
un altro è povero,
non si deve biasimare chi è indigente.


76.
Deyr fé,
deyja frændr,
deyr sjalfr it sama,
en orðstírr
deyr aldregi
hveim er sér góðan getr.


Muoiono le mandrie,
muoiono i parenti,
morirai tu stesso allo stesso modo.
Ma la fama
non muore mai
per chi se ne è fatta una buona.


77.
Deyr fé,
deyja frændr,
deyr sjalfr it sama,
ek veit einn
at aldrei deyr:
dómr um dauðan hvern.


Muoiono le mandrie,
muoiono i parenti,
morirai tu stesso allo stesso modo.
Una cosa conosco
che mai muore:
la reputazione di chi è morto.


78.
Fullar grindr
sá ek fyr Fitjungs sonum,
nú bera þeir vonar vǫl;
svá er auðr
sem augabragð,
hann er valtastr vina.


Pieni i recinti
vidi dei figli del Pancione:
ora essi portano il bastone del mendico.
È la ricchezza
un batter d’occhio,
il più incostante degli amici.


79.
Ósnotr maðr,
ef eignask getr
fé eða fljóðs munuð,
metnaðr hánum þróask,
en mannvit aldregi:
fram gengr hann drjúgt í dul.


L’uomo insavio
se riesce ad avere
la ricchezza o l’amor di donna,
l’orgoglio in lui cresce
ma il buon senso mai:
avanza solo in arroganza.


80.
Þat er þá reynt,
er þú að rúnum spyrr
inum reginkunnum,
þeim er gerðu ginnregin
ok fáði fimbulþulr;
þá hefir hann bazt, ef hann þegir.


Questo è dunque provato:
quando tu le rune consulti
di origine divina,
che crearono i supremi numi,
che dipinse il terribile vate,
questo è meglio, tacere.






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